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Aggiornamento in Medicina
Nei pazienti trattati con Aspirina ( Acido Acetilsalicilico ) con primo infarto miocardico c’è stato un aumento del rischio di eventi cardiovascolari associati al trattamento con inibitori della pompa protonica.
Uno studio ha esaminato gli effetti clinici di una possibile interazione tra Aspirina e inibitori della pompa protonica, indagando il rischio di esiti cardiovascolari avversi in una popolazione non-selezionata di pazienti a livello nazionale con il primo infarto miocardico.
Possibile fisiopatologia di interazione tra Aspirina e inibitori della pompa protonica
Gli inibitori della pompa protonica proteggono la barriera mucosa gastrica sopprimendo la produzione acida gastrica.
In condizioni di acidità fisiologiche, l'Aspirina viene assorbita nel suo stato lipidico per diffusione passiva attraverso la membrana della mucosa gastrica in base all’ipotesi della partizione del pH.
Gli inibitori della pompa protonica esercitano il loro effetto antiacido inibendo l’ATP-asi di scambio H+/K+ delle cellule parietali gastriche, aumentando così il pH intragastrico.
Infatti il pH sale potenzialmente sopra il pKa dell’Acido Acetilsalicilico, riducendo così la lipofilia dell’Aspirina e quindi l'assorbimento del farmaco.
Secondo studi precedenti, tali modifiche chimiche potrebbero compromettere la biodisponibilità e l'efficacia terapeutica dell’Aspirina.
Dato che tutti gli inibitori della pompa protonica incidono sul pH gastrico circa nella stessa misura, l'interazione tra Aspirina e questi farmaci può rappresentare un effetto della classe di inibitori della pompa protonica.
Uno studio recente ha dimostrato che i pazienti trattati con inibitori della pompa protonica hanno una ridotta risposta piastrinica all'Aspirina in termini di maggiore aggregazione piastrinica residua e attivazione piastrinica rispetto ai pazienti che non assumevano inibitori della pompa protonica.
Esiste un effetto clinico dell'effetto osservato ex vivo ?
Esiste dibattito riguardo alla possibilità di un ridotto effetto antiaggregante del Clopidogrel nei pazienti trattati con inibitori della pompa protonica e se tale eventuale interazione abbia un effetto clinico significativo.
Questa incertezza solleva anche la questione se l'osservata riduzione ex vivo dell’effetto antiaggregante dell'Aspirina durante il trattamento con inibitori della pompa protonica abbia un effetto clinico sul rischio cardiovascolare.
L'effetto clinico di tale potenziale interazione tra Aspirina e inibitori della pompa protonica è stato valutato studiando il rischio di eventi avversi cardiovascolari in una popolazione trattata con Aspirina a livello nazionale non-selezionata con primo infarto miocardico.
È stato trovato un significativo effetto del trattamento con inibitori della pompa protonica sugli esiti cardiovascolari nei pazienti trattati con Aspirina.
Possibili spiegazioni per l’osservato aumento del rischio
Ci sono diverse spiegazioni possibili per l'aumento del rischio cardiovascolare associato a concomitante trattamento con inibitori della pompa protonica nei pazienti trattati con Aspirina.
In primo luogo, il maggiore rischio risulta dalla modificazione del pH intragastrico, causando ridotta biodisponibilità dell’Aspirina e quindi aumentata aggregazione piastrinica residua e attivazione piastrinica, come precedentemente riportato.
In secondo luogo, il trattamento con inibitori della pompa protonica aumenta il rischio di eventi cardiovascolari avversi a causa di un ancora sconosciuto percorso fisiologico o biologico.
In terzo luogo, l'aumento del rischio di eventi cardiovascolari avversi correlati al trattamento concomitante con Aspirina e inibitori della pompa protonica è causato da differenze non-misurate nelle comorbidità al basale.
Tuttavia, i calcoli hanno dimostrato che se fosse stato presente un fattore di confondimento non-misurato o una combinazione di fattori confondenti nel 20% della coorte trattata con inibitori della pompa protonica, il fattore confondente avrebbe dovuto aumentare il rischio di un fattore pari a 4 per spiegare l'aumento del rischio osservato nello studio.
L’esistenza di fattori di confondimento o delle combinazioni di fattori di confondimento è improbabile, ma non impossibile, dal momento che non si è avuta alcuna informazione su altri importanti fattori di rischio come i livelli di lipidi, l’indice di massa corporea o il fumo.
Il fumo è un fattore di confondimento importante, in quanto aumenta il rischio di ulcera peptica e quindi indirizza il paziente verso il trattamento con inibitori della pompa protonica, ma il fumo aumenta anche il rischio di recidiva di infarto miocardico e di morte.
È importante sottolineare che qualsiasi confondimento, peraltro, dovrebbe incidere su pazienti trattati con bloccanti dei recettori H2 ( H2-antagonisti ), che hanno identiche indicazioni terapeutiche così come gli inibitori della pompa protonica.
In particolare, non è stato osservato un aumento del rischio associato al trattamento con bloccanti dei recettori H2, avvalorando l'ipotesi degli effetti unici degli inibitori della pompa protonica sulle proprietà antitrombotiche dell'Aspirina.
Infine, rimane la possibilità che l'aumento del rischio cardiovascolare osservato nei pazienti in trattamento concomitante con inibitori della pompa protonica e Aspirina sia stato causato da una combinazione delle altre tre possibili spiegazioni.
Conclusioni
Uno studio, che ha interessato una grande popolazione non-selezionata a livello nazionale, ha trovato che l'uso di inibitori della pompa protonica nei pazienti con primo infarto miocardico, trattati con Aspirina, è risultato associato a un aumentato rischio di eventi cardiovascolari avversi.
L'aumento del rischio non è stato osservato nei pazienti trattati con antagonisti del recettore H2.
È improbabile, ma non impossibile, che l'aumentato rischio cardiovascolare associato con l'uso concomitante di inibitori della pompa protonica e Aspirina sia causato da fattori di confondimento non-misurati.
Sono richiesti studi prospettici randomizzati e studi osservazionali basati su altre popolazioni. ( Xagena2011 )
Charlot M et al, Br Med J 2011; 342: d2690
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