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Rischi da radiazioni ionizzanti da tecniche di imaging cardiaco


Per molti decenni, la ricerca di un mezzo di visualizzazione non-invasivo delle arterie coronarie è sembrato rimanere una promessa non mantenuta per i cardiologi clinici.
Grazie ai rapidi miglioramenti attuati con successo nella tomografia computerizzata ( CT ) nel corso degli ultimi anni, l’imaging non-invasivo delle arterie coronarie è diventato non solo fattibile, ma anche una realtà nella routine quotidiana.

Questo cambiamento può, almeno in parte, aver contribuito al fatto che il numero di scansioni di tomografia computerizzata eseguite negli Stati Uniti è quadruplicato dal 1993. Anche se in una recente ricerca statunitense la tomografia computerizzata e le tecniche di imaging nucleare rappresentano solo il 21% del numero totale delle procedure, hanno comportato più del 75% della dose cumulativa di radiazione efficace.

Si è registrato un impressionante aumento di 6 volte della dose di radiazioni dalle tecniche mediche di imaging erogate per paziente nel corso degli ultimi 3 decenni.
È interessante notare che la metà di tutte le procedure di medicina nucleare in tutto il mondo e il 25% di tutti gli studi con raggi X vengono eseguiti negli Stati Uniti ( che costituiscono il 5% della popolazione mondiale ), raddoppiando e triplicando quelle degli altri Paesi sviluppati.

In questo contesto, appare opportuno che l'esposizione alle radiazioni vissuta dai pazienti sottoposti a qualsiasi procedura medica di imaging abbia ora ottenuto una crescente attenzione.
Sebbene alcune indagini abbiano indagato sulla quantità complessiva di radiazioni da qualsiasi procedura medica di imaging, altre si sono concentrate in particolare sulla dose di radiazioni per i pazienti sottoposti a imaging cardiaco.

Tra questi, l’angiografia coronarica con tomografia computerizzata ha ottenuto la massima attenzione, probabilmente perché questo moderno sviluppo è stato introdotto come ultima tecnica di imaging cardiaco e anche perché la tomografia computerizzata è generalmente considerata associata a una alta dose di radiazioni al paziente. In effetti, sono state segnalate dosi di radiazioni superiori a 20 mSv per un’angiografia coronarica con tomografia computerizzata.

Sebbene dosi paragonabili siano state riportate anche da alcune indagini sulla cateterizzazione coronarica puramente diagnostica, che è una pratica invasiva e raggiunge solo una bassa resa diagnostica nella reale routine clinica quotidiana, ciò ha alimentato un dibattito vivace sui danni potenziali derivanti dalla coronarografia con tomografia computerizzata, mettendo in discussione la giustificazione del suo uso in popolazioni di grandi dimensioni e richiedendo misure di protezione dalle radiazioni più efficienti per i pazienti sottoposti ad angiografia con tomografia computerizzata.

Sorprendentemente, mentre i benefici potenziali delle procedure di imaging medico non sono generalmente menzionati nella discussione sulla protezione dalle radiazioni, sebbene possa essere quantificato scientificamente, il rischio di cancro da basse dosi di radiazioni utilizzate nella diagnostica per immagini può essere approssimativamente stimato da calcoli statistici basati su ipotesi della teoria lineare senza soglia. Ciò significa che i dati da Hiroshima sono estrapolati fino alle dosi più basse, anche se nessuno studio ha mai verificato le ipotesi sul cancro associato alle dosi di radiazioni utilizzate nella diagnostica per immagini.

Invece, anche i ricercatori ( Fazel R et al, NEJM 2009 ) della più grande indagine sulle basse dosi di radiazioni ionizzanti provenienti dalle procedure di imaging medicale hanno convenuto che i dati che associano basse dosi di radiazioni al rischio di tumore non sono definitivi.
Allo stesso modo, la Health Physics Society ha concluso che, sebbene vi siano sostanziali e convincenti prove scientifiche dei rischi per la salute a seguito di esposizioni ad alte dosi di radiazioni, i rischi di effetti sulla salute per dosi inferiori a 50-100 mSv sono troppo piccoli per essere osservati o sono inesistenti.

Tuttavia, seguendo il principio di mantenere l'esposizione alle radiazioni al livello più basso ragionevolmente ottenibile, sono state sperimentate diverse strategie per ridurre la dose di radiazioni nell’angiografia coronarica con tomografia computerizzata, come il controllo automatico dell'esposizione, la modulazione del tubo controllata elettrocardiograficamente, e la ridotta tensione del tubo ( da 120 a 100 kV ) in pazienti non-obesi.

Uno studio prospettico controllato multicentrico ( Raff GL et al, JAMA 2009 ) ha confermato che l'introduzione di un programma di riduzione della dose di radiazione è risultato associato a una riduzione del 53% della dose di radiazioni da 21 a 10 mSv nei pazienti sottoposti a coronarografia con tomografia computerizzata.
Una recente pietra miliare nella riduzione della dose è stata raggiunta con l'introduzione del triggering ECG prospettico, che ha limitato la scansione a una stretta, predefinita, fase telediastolica, che ha provocato una massiccia riduzione del 90% della dose di radiazioni fino a una media di circa 2 mSv senza perdita di qualità o di accuratezza dell'immagine.

L’introduzione della scansione spirale ad alto pitch ha consentito di abbassare la dose di radiazioni a meno di 1 mSv. Allo stesso modo, è stata raggiunta una sostanziale riduzione della dose nell’imaging nucleare di perfusione miocardica a meno di 2 mSv mediante nuovi algoritmi di ricostruzione, introducendo adeguati protocolli di basse dosi adatti all'imaging ibrido per coronarografia con tomografia computerizzata a basso dosaggio, e mediante l’introduzione di rivelatori a semiconduttore nelle gamma camere di più recente generazione, che permettono un grande accorciamento della scansione o la riduzione della dose.

Dato che l’angiografia coronarica con tomografia computerizzata può essere ottenuta con una dose di radiazioni inferiore a 1 mSv, il rischio stimato di indurre un tumore fatale è ora nel campo delle probabilità di morire colpiti da un fulmine. Pertanto, sebbene si concordi sul fatto che sia giunto il momento di avviare studi osservazionali di lungo termine che coinvolgono pazienti sottoposti a imaging, allo stesso tempo è opportuno smettere di fare ipotesi non adeguatamente supportate da dati, ma che possono danneggiare i pazienti rimandando la necessaria procedura diagnostica. ( Xagena2011 )

Kaufmann PA, Knuuti J, Eur Heart J 2011; 32: 269-271


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