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Il tromboembolismo venoso ( ad esempio, trombosi venosa profonda o embolia polmonare ) è un disturbo comune con un'incidenza annuale di circa 1 o 2 casi per 1000 persone nella popolazione generale.
Il trattamento a breve termine è efficace, con il rischio di recidiva di malattia, che rappresenta la complicanza maggiore. Il rischio di recidiva permane anche dopo la conclusione del trattamento e può raggiungere il 5-10% durante i primi anno.
Il trattamento standard per il tromboembolismo venoso acuto è limitato dalla necessità della somministrazione iniziale di Eparina per via parenterale, con la co-somministrazione di un antagonista della vitamina K.
Il trattamento con un antagonista della vitamina-K richiede uno stretto monitoraggio di laboratorio e aggiustamento della dose e può essere complicato da interazioni tra farmaci e cibo. Dopo il primo anno, il rischio annuo di sanguinamento maggiore associato con gli antagonisti della vitamina K è pari a 1-2%. Di conseguenza, il bilancio tra i rischi ed i benefici della terapia rimane tema di controversia.
Una semplice soluzione ad alcuni dei problemi sopramenzionati può essere rappresentata dalla somministrazione di un anticoagulante orale che non richiede un monitoraggio di laboratorio e che sia efficace come singolo agente per il trattamento del tromboembolismo venoso sia in acuto che nel cronico.
Rivaroxaban ( Xarelto ), un inibitore diretto del fattore Xa attivo per via orale, è efficace nella prevenzione del tromboembolismo venoso dopo chirurgia ortopedica. Non necessita di monitoraggio di laboratorio, non ha alcuna interazione con i cibi e solo poche interazioni farmacologiche.
Il programma EINSTEIN consiste di tre studi clinici randomizzati che hanno valutato Rivaroxaban: uno nel trattamento della trombosi venosa profonda acuta ( Acute DVT Study ), uno nel trattamento dell’embolia polmonare acuta ( Acute PE Study ), e uno nel trattamento continuato in pazienti già sottoposti a terapia per trombosi venosa profonda o embolia polmonare ( Continued Treatment Study ).
Finora sono stati riportati i risultati del primo e del terzo studio; il secondo studio è ancora in corso.
Acute DVT Study è uno studio randomizzato che ha confrontato l’efficacia e la sicurezza di Rivaroxaban con la terapia standard costituita da Enoxaparina ( Clexane ) e un antagonista della vitamina K nei pazienti con trombosi venosa profonda acuta sintomatica.
Continued Treatment Study ( EINSTEIN-Extension ) è uno studio in doppio cieco in cui i pazienti con trombosi venosa profonda sintomatica confermata o embolia polmonare che erano stati trattati per 6 o 12 mesi con un antagonista della vitamina K o Rivaroxaban sono stati randomizzati a ricevere il trattamento continuato con Rivaroxaban o con placebo.
Nello studio Acute DVT Study i pazienti erano eleggibili se avevano una trombosi venosa acuta prossimale sintomatica e confermata in modo obiettivo, senza embolia polmonare sintomatica. I pazienti non erano eleggibili se avevano ricevuto dosi terapeutiche di Eparina a basso peso molecolare, Fondaparinux, o Eparina non-frazionata per più di 48 ore o se avevano ricevuto più di una singola dose di un antagonista della vitamina K prima della randomizzazione; se erano stati sottoposti a trombectomia, con filtro cavale o con un farmaco fibrinolitico per l’episodio di trombosi; o se presentavano controindicazioni a Enoxaparina, Warfarin o Acenocumarolo.
Nel Continued Treatment Study, i pazienti erano eleggibili se avevano sofferto di trombosi venosa profonda sintomatica o embolia polmonare confermate, ed erano stati trattati per 6 a 12 mesi con Acenocumarolo o Warfarin ( negli studi EINSTEIN o bekka cura di routine ) o Rivaroxaban ( negli studi EINSTEIN ).
I criteri di esclusione per entrambi gli studi erano: un’altra indicazione per l’uso di un antagonista della vitamina K, una clearance della creatinina inferiore a 30 ml/minuto; malattia epatica clinicamente significativa ( ad esempio, epatite acuta, epatite cronica attiva o cirrosi ) o un livello di alanina aminotransferasi ( ALT ) aumentato di oltre tre di volte il limite superiore del range di normalità, endocardite batterica, sanguinamento attivo o un elevato rischio di sanguinamento, controindicazione al trattamento anticoagulante, pressione sistolica superiore a 180 mmHg o pressione arteriosa diastolica maggiore di 110 mmHg, età fertile senza adozione di misure contraccettive, gravidanza o allattamento, uso concomitante di forti inibitori del citocromo P-450 3A4 ( esempio: inibitori della proteasi di HIV o Ketoconazolo ) o induttori del citocromo P-450 3A4 ( esempio: Rifampicina, Carbamazepina, Fenitoina ).
Nello studio Acute DVT Study, i pazienti assegnati a ricevere Rivaroxaban per via orale hanno ricevuto 15 mg dell’inibitore diretto del fattore Xa due volte al giorno per le prime 3 settimane, seguiti da 20 mg una volta al giorno per 3, 6 o 12 mesi di trattamento.
I pazienti assegnati alla terapia standard con Enoxaparina hanno ricevuto per via sottocutanea, 1 mg/kg di peso corporeo due volte al giorno, e Warfarin o Acenocumarolo iniziati entro 48 ore dalla randomizzazione. L’Enoxaparina era sospesa quando il rapporto internazionale normalizzato ( INR ) era di 2 o più per 2 giorni consecutivi e il paziente aveva ricevuto almeno 5 giorni di trattamento con Enoxaparina.
La dose dell’antagonista della vitamina K è stata aggiustata per mantenere un INR compreso tra 2 e 3. L’INR era misurato almeno 1 volta al mese.
Nello studio Continued Treatment Study, i pazienti sono stati assegnati a ricevere Rivaroxaban 20 mg una volta al giorno, oppure placebo per la durata di 6 o 12 mesi di trattamento.
In entrambi gli studi, l’uso dei farmaci antinfiammatori non-steroidei ( FANS ) e di antiaggreganti piastrinici non era consigliato. Se indicato, era permesso l’impiego di Acido Acetilsalicilico ( Aspirina ) fino a 100 mg al giorno, Clopidogrel ( Plavix ) alla dose di 75 mg/die, oppure entrambi i farmaci.
Per entrambi gli studi, l’endpoint primario di efficacia era rappresentato dal tromboembolismo venoso ricorrente sintomatico, definito come un composito di trombosi venosa profonda o di embolia polmonare fatale e non-fatale. L’endpoint principale di sicurezza nello studio Acute DVT Study consisteva nel sanguinamento maggiore o non-maggiore ma clinicamente rilevante. Per il Continued Treatment Study, l’endpoint principale di sicurezza era il sanguinamento maggiore.
Nel periodo 2007-2009, 3.449 pazienti sono stati sottoposti a randomizzazione nel Acute DVT Study, e 1.197 pazienti sono stati arruolati nel Continued Treatment Study.
Di questi pazienti, il 34.1% aveva completato lo studio Acute DVT Study e il 19.1% aveva completato lo studio l’Acute PE ( Pulmonary Embolism ) Study del Programma EINSTEIN; i rimanenti 560 pazienti ( 47.5% ) sono stati reclutati al difuori di entrambi gli studi.
A) Acute DVT Study - L’endpoint primario di efficacia è stato sospettato in 230 pazienti del gruppo Rivaroxaban e in 215 pazienti nel gruppo terapia standard ed è stato confermato in 36 e 51 di questi pazienti, rispettivamente.
L’esito primario di efficacia si è, pertanto, verificato nel 2.1% dei pazienti nel gruppo Rivaroxaban e nel 3% dei pazienti nel gruppo terapia standard ( hazard ratio, HR=0.68; P minore di 0.001 per la non inferiorità, e P=0.08 per la superiorità ). Al giorno 21 ( termine del periodo di somministrazione di Rivaroxaban due volte al giorno), l’endpoint primario di efficacia è stato raggiunto da 21 pazienti ( 1.2% ) nel gruppo Rivaroxaban e da 29 pazienti ( 1.7% ) nel gruppo terapia standard.
L’endpoint principale di sicurezza ( primo sanguinamento maggiore o non-maggiore ma clinicamente rilevante ) è stato raggiunto da 139 pazienti ( 8.1% ) con Rivaroxaban e da 138 pazienti ( 8.1% ) di quelli sottoposti a terapia standard ( HR con Rivaroxaban, 0.97; P=0.77 ).
Un beneficio clinico netto si è verificato in 51 ( 2.9% ) dei pazienti trattati con Rivaroxaban e in 73 ( 4.2% ) dei pazienti che hanno ricevuto la terapia standard ( HR=0.67; P=0.03 ).
Eventi vascolari durante il trattamento in studio si sono verificati in 12 pazienti ( 0.7% ) nel gruppo Rivaroxaban e in 14 pazienti ( 0.8% ) nel gruppo in terapia standard. Un aumento delle transaminasi maggiore di 3 volte il limite superiore del normalità è stato osservato in 2 pazienti ( 0.1% ) nel gruppo Rivaroxaban e in 4 pazienti ( 0.2% ) nel gruppo terapia standard.
B) Continued Treatment Study - L’esito primario di efficacia si è verificato in 8 pazienti ( 1.3% ) nel gruppo Rivaroxaban rispetto ai 42 pazienti ( 7.1% ) nel gruppo placebo ( HR=0.18; P minore di 0.001, riduzione del rischio relativo: 82% ).
Il principale endpoint di sicurezza, l’emorragia maggiore, si è verificata in 4 pazienti ( 0.7% ) nel gruppo Rivaroxaban e in nessuno dei pazienti nel gruppo placebo ( P=0.11 ).
Un beneficio clinico netto è stato risocntrato in 12 pazienti ( 2% ) che hanno assunto Rivaroxaban e in 42 ( 7.1% ) riceventi placebo ( HR=0.28; P minore di 0.001 ).
Un evento vascolare si è verificato in 3 pazienti nel gruppo Rivaroxaban e in 4 pazienti nel gruppo placebo. Nessun paziente ha mostrato un aumento superiore di 3 volte al limite massimo del range normale o una bilirubinemia superiore di 2 volte al limite massimo del range di normalità.
Questo studio ha dimostrato che Rivaroxaban da solo è efficace quanto la terapia standard, con un profilo di sicurezza simile, nel trattamento della trombosi venosa profonda acuta e che, quando il trattamento è continuato, Rivaroxaban è risultato molto efficace nel prevenire le recidive, rispetto al placebo; inoltre il farmaco è associato a un rischio accettabile di sanguinamento.
Un aspetto importante dell’Acute DVT Study è l’uso in monoterapia di Rivaroxaban nel trattamento della trombosi venosa profonda acuta, in sostituzione sia dell’Eparina a basso peso molecolare sia dell’antagonista della Vitamina K.
La maggioranza dei pazienti nel gruppo Rivaroxaban non aveva mai ricevuto l’Eparina a basso peso molecolare o aveva ricevuto solo un’unica dose.
L’efficacia durante le prime settimane di trattamento è stata simile nei due gruppi dello studio.
Un indicatore prespecificato di beneficio clinico netto ( tromboembolismo venoso sintomatico più sanguinamento maggiore ) ha evidenziato un vantaggio di Rivaroxaban. Pertanto, il regime a base di Rivaroxaban può ulteriormente facilitare la gestione ambulatoriale della trombosi venosa profonda.
L’obiettivo del Continued Treatment Study è stato quello di esaminare il rapporto rischio-beneficio della somministrazione di Rivaroxaban per 6-12 mesi di terapia anticoagulante.
I medici devono spesso bilanciare i rischi a lungo termine della recidiva di tromboembolismo venoso qualora l’anticoagulazione viene interrotta, con i rischi connessi della terapia anticoagulante.
Rivaroxaban ha ridotto il tasso di recidiva pari a 82%, con un piccolo rischio di sanguinamento maggiore ( 0.7%, senza emorragie fatali ). In tal modo, 34 eventi ricorrenti sono stati prevenuti, a costo di 4 eventi emorragici maggiori.
L’incidenza di sanguinamenti non-maggiori ma clinicamente rilevanti è, tuttavia, aumentata passando da 1.2% nel gruppo placebo a 5.4% nel gruppo Rivaroxaban. Questi eventi consistevano prevalentemente in sanguinamento delle mucose; la maggior parte dei pazienti ( 81% ) ha ripreso o continuato la terapia.
In generale, questo sta a indicare un profilo accettabile rischio-beneficio.
Sono state compiute diverse analisi dei sottogruppi. Gli endpoint primari di efficacia e di sicurezza sono risultati concordanti e non hanno indicato la necessità di modificare il dosaggio, indipendentemente da età, sesso, peso e funzione renale.
E’ stata attentamente monitorata la funzionalità epatica e non è emersa alcuna tossicità significativa. Inoltre, l’incidenza di mortalità totale e la percentuale di eventi cardiovascolari diversi dal tromboembolismo venoso sono risultate basse e non-significativamente diverse tra i due gruppi.
Dallo studio è emerso che Rivaroxaban, somministrato per via orale alla dose di 15 mg due volte al giorno per le prime 3 settimane, seguito da 20 mg una volta al giorno, senza la necessità di un monitoraggio di laboratorio, in monoterapia, è un approccio efficace e sicuro per il trattamento della trombosi venosa acuta sia nel breve che nel lungo periodo. ( Xagena2010 )
Fonte: The New England Journal of Medicine, 2010
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