Aggiornamenti in Cardiologia
Aggiornamento in Medicina
L’uso dei beta-bloccanti nel trattamento dello scompenso cardiaco è stato a lungo controindicato. Ciò era dovuto prevalentemente ai timori che il sistema circolatorio scompensato necessitasse di un supporto adrenergico, e le azioni anti-adrenergiche potessero causare danni, come dichiarato nel 1963 da Gaffney e Braunwald.
Il primo studio riguardante la terapia beta-bloccante nello scompenso cardiaco risale al 1975 ( Waagstein et al ). Tuttavia sono trascorsi 20 anni prima che il trattamento fosse ampiamente accettato.
Oggi l’impiego di un beta-bloccante nell’insufficienza cardiaca cronica e disfunzione ventricolare sinistra sistolica è il trattamento meglio documentato e anche il più efficace in questa condizione; ha una raccomandazione di classe I ed evidenza di livello A nelle lineeguida internazionali.
Un problema ancora aperto è quello di come gestire i pazienti che vanno incontro a deterioramento mentre sono in trattamento con un beta-bloccante.
E’ noto che nello scompenso cardiaco cronico ci sono spesso periodi di peggioramento dei sintomi e dei segni.
Negli studi clinici controllati con placebo dove i benefici dei beta-bloccanti sono stati documentati, sono stati riscontrati più casi di peggioramento dell’insufficienza cardiaca nei gruppi placebo che nei gruppi trattati attivamente.
E’ pratica comune interrompere il beta-bloccante quando i pazienti sono ospedalizzati a causa di peggioramento dell’insufficienza cardiaca congestizia.
Un Panel di Esperti ha pubblicato raccomandazioni pratiche per guidare i medici in questa difficile situazione clinica.
Peggioramento dei sintomi e segni di insufficienza cardiaca ( es, aumento della dispnea, fatigue, edema, guadagno di peso ):
a) se aumenta la congestione: aumentare il dosaggio del diuretico e/o dimezzare la dose del beta-bloccante;
b) se si ha marcata fatigue ( e/o bradicardia ): dimezzare la dose del beta-bloccante.
Le lineeguida ESC ( European Society of Cardiology ), con una raccomandazione classificata come grado IIa, livello di evidenza B, affermano:
Nei pazienti ricoverati in ospedale a causa di peggioramento dell’insufficienza cardiaca, può essere necessaria una riduzione del dosaggio di beta-bloccante. Nelle situazioni gravi, può essere presa in considerazione la temporanea interruzione. La terapia a basso dosaggio dovrebbe essere ripristinata il prima possibile quando le condizioni cliniche del paziente lo permettono, preferibilmente prima della dimissione ospedaliera.
Nello studio B-CONVINCED, 169 pazienti con peggioramento dello scompenso cardiaco sono stati assegnati in modo casuale a terapia con beta-bloccante; sono stati esaminati 147 pazienti.
E’ stato osservato che il mantenimento del beta-bloccante era sicuro quanto la sospensione della terapia. Il miglioramento clinico a 3 e a 8 giorni è risultato simile sia nel caso di interruzione del beta-bloccante che nel suo mantenimento.
Lo studio COMET ( Carvedilol or Metoprolol European Trial ) ha mostrato, in seguito, una più alta mortalità tra i pazienti dove il beta-bloccante era stato interrotto durante il ricovero ospedaliero per peggioramento dello scompenso cardiaco.
Secondo l’Autore, le attuali raccomandazioni delle lineeguida ESC possono essere implementate dall’aggiunta del mantenimento della dose del beta-bloccante che il paziente stava assumendo prima del ricovero. Inoltre, dovrebbe essere evitata l’interruzione di routine della terapia con beta-bloccante nei pazienti ricoverati in ospedale per peggioramento dell’insufficienza cardiaca causata da disfunzione ventricolare sinistra. ( Xagena2009 )
Swedberg K, Eur Heart J 2009; 30: 2177-2179
Cardio2009 Farma2009