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Aggiornamento in Medicina
Lo studio ROCKET AF ( Rivaroxaban Once daily oral direct Factor Xa inhibition Compared with vitamin K antagonism for prevention of stroke and Embolism Trial in Atrial Fibrillation ) è uno studio clinico prospettico, randomizzato, in doppio cieco, a gruppi paralleli, di fase 3 che ha confrontato Rivaroxaban ( in unica somministrazione giornaliera alla dose orale di 20 mg, o 15 mg, nei pazienti con insufficienza renale moderata ) rispetto a Warfarin ( Coumadin ) ( con aggiustamento della dose per INR=2-3 ), che rappresenta il gold standard della terapia, in 14.264 pazienti ( 1.100 Centri in 45 Paesi ) con fibrillazione atriale non-valvolare, a rischio di embolia sistemica, eccetto nel sistema nervoso centrale.
Lo studio era event-driven, cioè è terminato nel momento in cui è stato raggiunto il numero pre-specificato di eventi.
L’obiettivo primario dello studio era quello di dimostrare l'efficacia di Rivaroxaban, espressa come non-inferiorità rispetto a Warfarin, nella prevenzione dell'ictus e dell'embolia sistemica, non a carico del sistema nervoso centrale.
Il principale obiettivo di sicurezza dello studio ROCKET AF era l'endpoint composito di sanguinamenti maggiori e non-maggiori clinicamente rilevanti.
I pazienti arruolati erano rappresentativi di quelli trattati con terapia anticoagulante allo scopo di ridurre il rischio di ictus.
ROCKET AF è il settimo studio di fase 3 incluso nel programma di sviluppo clinico di Rivaroxaban, che ha già dimostrato la superiorità ( studi RECORD 1, 2, 3, 4, EINSTEIN Extension e ROCKET AF ) o la non-inferiorità ( EINSTEIN-DVT ) rispetto alla terapia standard.
Gli studi clinici RECORD hanno confrontato Rivaroxaban verso Enoxaparina nella prevenzione del tromboembolismo venoso in più di 12.500 pazienti sottoposti ad interventi di sostituzione elettiva dell'anca o del ginocchio.
Lo studio di non-inferiorità EINSTEIN-DVT, randomizzato, in aperto, ha confrontato in più di 3.400 pazienti con sintomi di trombosi venosa profonda ( DVT ), ma senza sintomi di embolia polmonare, l'utilizzo di un solo farmaco, Rivaroxaban, rispetto alla terapia standard con Enoxaparina, seguita da Warfarin.
Lo studio EINSTEIN-Extension ha valutato l'efficacia e la sicurezza di Rivaroxaban rispetto a placebo nella prevenzione secondaria della recidiva di tromboembolismo venoso, estendendo per altri 6 e 12 mesi il trattamento già attuato per 6 o 12 mesi ( EINSTEIN-DVT e EINSTEIN-PE ), e arruolando circa 1.200 pazienti con tromboembolismo venoso ed embolia polmonare.
Rivaroxaban ha mostrato di essere superiore rispetto al Warfarin nel ridurre il rischio di ictus e di embolia sistemica nei pazienti con fibrillazione atriale. Il numero di sanguinamenti è stato simile a quello osservato con la somministrazione di Warfarin, ma quelli in organi critici che causano più frequentemente la morte, come l'emorragia intracranica, erano meno numerosi nei pazienti trattati con Rivaroxaban.
Lo studio ROCKET AF è il più ampio studio clinico in doppio cieco finora condotto per la prevenzione dell'ictus nei pazienti con fibrillazione atriale. Ha raggiunto l'endpoint primario di efficacia.
Rivaroxaban ha ridotto del 21% il rischio relativo di ictus e di eventi embolici sistemici in questi pazienti, rispetto a Warfarin ( 1.70% vs 2.15%; p=0.015 ).
Inoltre, nella popolazione intention-to-treat, cioè nei pazienti randomizzati, indipendentemente dall'aver completato il ciclo terapeutico o che fossero passati ad altra terapia, Rivaroxaban ha dimostrato un'efficacia comparabile a Warfarin ( 2.12% vs 2.42%; p inferiore a 0.001 per la non-inferiorità ). Rivaroxaban ha ridotto significativamente il numero di ictus emorragici ( 0.26% vs 0.44%; p=0.024 ), una delle forme più gravi di ictus, nella popolazione trattata.
Rispetto a Warfarin, Rivaroxaban ha ridotto, anche se non significativamente, anche il numero di infarti del miocardio ( 0.91% vs 1.12%; p=0.121 ) e la mortalità per tutte le cause ( 1.87% vs 2.21; p=0.073 ).
La maggiore protezione dall'ictus non era associata ad un aumento dei sanguinamenti: la somma dei sanguinamenti maggiori e di quelli non-maggiori ma clinicamente rilevanti ha indicato un'efficacia comparabile di Rivaroxaban con Warfarin ( 14.91% vs 14.52%; p=0.442 ). Anche il grado di sanguinamento maggiore era sovrapponibile con Warfarin ( 3.60% vs 3.45%; p=0.576 ).
Inoltre i pazienti in trattamento con Rivaroxaban hanno mostrato una più bassa incidenza di emorragie intracraniche ( 0.49% vs 0.74; p=0.019 ), di sanguinamenti minori in organi vitali ( 0.82% vs 1.18%; p=0.007 ) e di decessi legati al sanguinamento ( 0.24% vs 0.48%; p=0.003 ), rispetto a Warfarin.
L'abbassamento dei livelli di emoglobina ( 2.77% vs 2.26%; p=0.019 ) e le trasfusioni ( 1.65% vs 1.32%; p=0.044 ) erano maggiori rispetto ai pazienti che hanno ricevuto Warfarin.
La frequenza di alterazione dei parametri di funzionalità epatica era bilanciata nei due gruppi di trattamento e non sono stati evidenziati gravi danni epatici derivanti dalla terapia con Rivaroxaban.
Il farmaco è stato ben tollerato e la frequenza di interruzione del trattamento per eventi avversi era comparabile a quella osservata nei pazienti trattati con Warfarin. ( Xagena2010 )
Fonte: American Heart Association ( AHA ) Meeting, 2010
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